LOST IN PORTOGALLO EP. 3 – TROPPE COINCIDENZE
Il 28 luglio ho preso un aereo da Lamezia a Treviso, preciso, puntuale, sono sbarcato con un po’ di ritardo soltanto perché c’è stata una grandinata colossale e la torre di controllo ci ha tenuto in aria per mezz’ora prima di darci il permesso di atterrare. Il taxista che mi ha accompagnato al B&B dove avrei alloggiato per i tre giorni successivi (un grazioso appartamentino bagnato dal Canale Cagnal, adagiato tra due bellissimi mulini, vicino alla chiesa di San Francesco), mi ha spiegato che il maltempo aveva fatto parecchi danni e che era tutto il giorno che si guastava e si sistemava, rovesciando tonnellate di ghiaccio e asciugando subito dopo. Quindi la sera mi chiudo in casa e mi preparo psicologicamente per la visita medica che ho programmata per il giorno dopo. Il 29 luglio esce il sole, caldo, aria leggermente umida, un mucchio di gente che passeggia per il centro e sulle mura. Dopo la visita medica (è andata bene, grazie per l’interessamento) ho attivato la modalità turista e mi sono dedicato all’esplorazione.
Treviso è molto carina: il centro storico è piccolo ma grazioso, con tutti i suoi canali, i mulini, le isolette e le panchine con gli innamorati che si scambiano effusioni. Ci sono un mucchio di bei negozietti, bar e pasticcerie vegane, chioschetti ed edicole a ogni angolo. In mezza giornata riesco a girarmela tutta, visitando anche la chiesa di Santa Lucia (uno scrigno gotico buio e variopinto, decorato da affreschi risalenti alla prima metà del secolo XIII e attribuiti ad Ognibene da Treviso) e il Museo Civico di Santa Caterina, con la sua ricca pinacoteca, il complesso conventuale, la sezione archeologica. Il giorno dopo visito la Chiesa di San Francesco, qualche altra chiesetta sparsa per la città, la Fontana delle Tette e pranzo e ceno degustando le prelibatezze della zona. Il 31 luglio mi sveglio presto e raggiungo l’aeroporto Antonio Canova: devo prendere assolutamente una bottiglia di vino buono per una amica e comprare l’ultimo albo di Dylan Dog. Inoltre, nonostante il check-in on line, ho sempre il timore, quando viaggio, di trovare una fila o qualche altro tipo di impedimento imprevisto e perdere il volo. Comunque, mi piacciono gli aeroporti, sono una versione più raffinata dei centri commerciali: fare compere al duty free mi fa sentire meno in colpa, con lo sconto dell’IVA e tutto il resto.
Supero i controlli all’ingresso, esibendo la carta di imbarco, quindi recupero il bagaglio e cerco il volo sul pannello. Trovo il numero del gate, lo raggiungo e vedo che è ancora chiuso. Quindi faccio una passeggiata. Secondo il biglietto, devo imbarcarmi entro le 10.55: ho tutto il tempo per comprare ancora qualcosa. Quindi mi dilungo un po’ tra bar e self-service, spiluccando tra diversi tipi di manicaretti dolci e salati. Devo solo stare attento a non scegliere nulla contenente lattosio, data la mia intolleranza, ed evitare il caffè, per motivi analoghi. Alle 10.00 torno al gate e trovo già molta gente in fila. Sembra andare tutto liscio.
Mi metto in coda (ho l’imbarco prioritario, quindi, sono tra i primi a venire scrutinato), dunque striscio la carta di imbarco sul lettore di QrCode, mostro la carta di identità alla addetta e ricevo due nulla osta, quello digitale e quello umano, così oltrepasso il bancone e mi infilo nel corridoio che porta alla pista. Insieme a me c’è l’intero gruppo di persone che ha fatto la fila allo stesso gate. Salgo in aereo dall’entrata anteriore, come suggerito dal documento, e mostro il cellulare alla hostess, che mi accompagna gentilmente al mio posto, il 15D, cominciando subito a spiegarmi quali saranno i miei compiti in caso di incidente: sono seduto sull’ala, in corrispondenza di una delle quattro uscite di emergenza, e in caso di incidente dovrò tenere a mente alcune semplici istruzioni su come aprire il portello. Niente di trascendentale, ma lei parla in inglese e io sono un po’ arrugginito. Faccio molta attenzione a quello che dice e in un paio di occasioni le chiedo gentilmente di ripetere. Forse è per questo motivo che non sento il capitano quando, in una lingua diversa dall’italiano (inglese o portoghese, più probabilmente in entrambe) e con tono gracchiante (il volume degli altoparlanti è basso e non proprio limpido), dice forse qualcosa del tipo «Benvenuti a bordo del volo Treviso-Porto». Non posso giurare che non l’abbia detto, ma posso assicurarvi che io non l’ho sentito. Mea culpa, quindi, almeno per quanto riguarda questo aspetto. Per tutto il resto però… In fondo, già adesso possiamo rintracciare almeno due stranezze: se il gate era sbagliato, perché il lettore non ha respinto la mia carta di imbarco digitale? Mi ha fatto passare lo stesso, dopo aver letto il QrCode sul mio biglietto. Inoltre, sia l’addetta al gate che la hostess a bordo hanno guardato lo schermo del mio cellulare, senza accorgersi di niente. Ma capisco che potessero cercare altre informazioni: il mio nome nel primo caso e il numero di posto nel secondo? Il mio posto era libero: questa è la coincidenza più strana. Su un volo altrimenti pieno o quasi pieno, lo stesso numero del posto che mi era stato assegnato dal computer per la tratta Treviso-Lamezia era libero. Se salendo a bordo lo avessi trovato occupato, probabilmente non sarei mai andato in Portogallo. Magari avrei perso lo stesso il volo per Lamezia, ma non sarei certamente rimasto a bordo di un viaggio fuori programma per una cittadina turistica dell’Europa più occidentale. Invece, salgo a bordo e il mio posto, il 15D, era uno dei pochi posti liberi su tutto l’aereo.
C’è un’altra coincidenza, quella degli orari di partenza simili. Gli aerei erano identici: due vettori Ryanair classici. La partenza dei due voli era più o meno la stessa e la differenza tra i due orari di arrivo, non contando il fuso orario di un’ora, poteva benissimo essere scambiata per ritardo. Un bel ritardo, ma, ehi: capita. Arrivo in portogallo alle 14.40 ora italiana (13.40 ora portoghese) e la mia vicina di posto, alla mia lamentela sul ritardo, mi dice: «Eh, sì, siamo partiti un po’ tardi». Nessuna menzione specifica ai quaranta minuti o all’aeroporto di Lamezia, da parte mia, né alcun riferimento a orari e destinazione da parte sua. Questa è un’altra coincidenza, infatti, ma riguarda solo la mia distrazione. Devo inoltre ammettere che durante il volo, tra le chiacchiere con i passeggeri e le hostess, la lettura di Dylan Dog e una partita a Zelda Breath of the Wild sulla Nintendo Switch Lite, il «tempo in più» mi è volato. Ma d’altronde come potevo anche solo sospettare di non essere sul volo giusto? Il posto, il QrCode, i ripetuti controlli… Tutto era andato liscio come l’olio. Eppure…
Di tutte queste cose ho ragionato con le addette Ryanair a Porto, le quali, dopo aver consultato i superiori, mi hanno porto le scuse della compagnia, un biglietto per Bergamo (non c’è un volo diretto Porto-Lamezia) e dei voucher per pranzare e cenare in aeroporto. In allegato, mi hanno consegnato anche una lettera con dei recapiti per richiedere rimborsi e/o risarcimenti. “We are so sorry”, ha concluso la signorina, spiegandomi inoltre che avrei dovuto passare una notte in hotel, a Bergamo, perché non ci sono voli diretti per Lamezia e l’unico scalo intermedio era previso comunque per mezzanotte.
La gentilezza e la professionalità con cui hanno gestito l’incidente sono state encomiabili. Le cose cambieranno leggermente una volta in Italia.
(Continua: leggi la quarta puntata)
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