Nel luogo dove il legno canta,
dove il pane non si spezza
ma si scompone in sillabe,
e la tavola non serve cibo,
ma figure,
là si alzano senza peso le croci mute,
e i bambini di farina percorrono l’alfabeto inciso
come api cieche su pergamene di vento.
Nessuno domanda.
Nessuno spiega.
Solo il gesto.
Solo il tocco.
Solo l’eco della forma.
Una voce dirà: “Cos’è questa lingua?”
e un’altra: “Quella che dorme nei polsi,
che si tramanda per sogno, non per bocca”.
Il tempo si siede.
La fretta svanisce.
Chi resta… ricorda.
E riconosce, senza sapere,
d’essere stato guardato.
Tra le dita, la cenere
è l’unica prova
di una verità indicibile.