Oggi sono un albero stanco,
le foglie cadono per sete:
risparmio linfa nella corteccia.
Il vento porta via ciò che credevo mio.
Con fatica, mi alzo dal letto.
Nel silenzio vuoto mi cerco,
e ogni passo libero diventa peso:
è la libertà di non avere niente
che più mi fa specie.
Senza più maschere lucide,
vetrine eleganti di un io fragile,
attraverso il mattino con cautela:
“Mi vedi? Sono nell’ombra!”.
Poi, dormo ancora un po’.
Nei sogni sfioro mani che sfuggono,
desideri che fioriscono e svaniscono,
per un attimo sono scelto,
l’attimo dopo vengo scartato.
Sotto la pelle, nelle vene ribelli,
il sangue è l’inchiostro che scrive
lettere d’allarme e d’amore,
ma è il dolore il vero maestro.
Poi, mi sveglio di nuovo.
E dico: io oggi ci sono, nudo,
rotto e prezioso come un vaso antico!
E senza più promesse d’eternità
imparo a respirare questo fragile presente.