Non serve chiamarlo amico,
se è rimasto nel gesto.
Se ha fatto e se n’è andato,
lasciando il silenzio al posto di una firma.
Non serve che resti,
se l’aiuto è stato vero.
Se la luce che ha acceso
ha illuminato il volto di tuo padre.
C’è chi resta per possedere,
e chi passa per liberare.
Chi si siede a tavola per saldare un debito,
e chi ti lascia una lettera sull’uscio senza bussare.
“Amici” è una parola che a volte pesa.
Che a volte pretende.
Ma l’atto che nasce limpido non ha catene.
Il gesto d’amore non resta,
non chiede, non pesa.
Si dissolve, ma in qualche modo
rimane lo stesso in ciò che attraversa:
come la scia di un aereo tra le nuvole,
il profumo lasciato nel letto da un amante fuggito,
il biglietto trovato in una tasca che credevi vuota.
Amici non serve.
Se hai fatto il bene,
il bene ha già fatto te.