Mi sia permesso, in questa rubrica di bioetica, di riservare un posto speciale all’indimenticato cardinale Elio Sgreccia. Vero pioniere e maestro di bioetica. Un uomo che ha formato, direttamente o indirettamente, generazioni di bioeticisti. La sua missione nell’annunciare il “Vangelo della vita”, attraverso solidità di pensiero e finezza argomentativa è stata chiara. Ponendo al centro la persona e l’alta dignità di cui è espressione, ha fondato un’autentica scuola di pensiero. La bioetica personalista ne è la dimostrazione. Nel poco spazio a disposizione, si riassumono i quattro principi della bioetica personalista da lui proposta: 1) Il principio del rispetto e della difesa della vita fisica di ogni individuo umano. La vita fisica si esprime nella corporeità. La corporeità fa parte integrante della persona, è l’incarnazione, l’epifania, l’elemento consustanziale della persona nella sua totalità. Rispetto alla persona il corpo è il fondamento unico nel quale e per mezzo del quale la persona si realizza ed entra nel tempo e nello spazio. La più grave delle offese alla vita è, di conseguenza, la sua soppressione, che significa negare l’esserci di una persona nel mondo. E ciò vale fin dal primo istante del costituirsi di tale corporeità, dal concepimento. Tale principio orienta tutto l’insieme di atteggiamenti e comportamenti nell’ambito medico che garantiscono la persona/paziente da ogni sopruso. 2) Il principio terapeutico (o di totalità). Questo secondo principio giustifica e fonda ogni intervento medico-sanitario a partire dalla cura della salute in senso preventivo, curativo e riabilitativo, fino alle cure palliative. L’intervento sulla corporeità, e perciò sulla persona, è giustificato solo da una necessità e utilità che si deve risolvere in un reale beneficio per la persona stessa su cui si interviene. La sua corretta applicazione richiede condizioni ben precise, che riguardano il tipo di intervento, l’attesa del risultato, la proporzionalità del rischio ed il consenso. Entreremo nello specifico prossimamente, in un altro scritto, dedicato a tali condizioni. È il principio che regge tutta la liceità e l’obbligatorietà della terapia medica e chirurgica. In poche parole si interviene su una specifica parte del corpo solo per salvare la vita della persona. 3) Il principio dì libertà-responsabilità. Lontani da ogni concetto illusorio di libertà, viene annunciato con forza che la libertà deve necessariamente farsi carico responsabile anzitutto della vita propria e di quella altrui. Non si ha il diritto a disporre, in nome della libertà di scelta, della soppressione della vita. Sembra ovvio, ma è bene ricordarlo, la vita è condizione, per tutti indispensabile, per l’esercizio della libertà. Si è liberi nella vita non dalla vita. 4) Il principio di socialità-sussidiarietà. Questo principio comporta che ogni cittadino s’impegni a considerare la propria vita e quella altrui come un bene non soltanto personale, ma anche sociale. La comunità s’impegni a promuovere la vita e la salute di ciascuno, anche e soprattutto di chi non può esprimersi e scegliere. La comunità dovrebbe garantire a tutti i cittadini i mezzi per accedere alle cure necessarie, a costo di sacrifici di chi può maggiormente contribuire. Questo principio si salda con quello della sussidiarietà, per il quale la comunità dovrebbe saper aiutare maggiormente, laddove vi è una più urgente necessità, senza mai sostituirsi ai soggetti nelle loro libere iniziative. In campo medico si applica tale concetto attraverso la donazione. Tema da approfondire con le necessarie precisazioni. Fondamentale è capire che all’interno del campo medico è necessario impegnarsi per “fare bene il bene”. Il paziente, infatti, non è un elenco di dati scritti in un foglio con statistiche e indici, è una persona da curare con la predisposizione migliore e la professionalità adatta. Mai dimenticare la dimensione umana della medicina! La disumanizzazione è degenerante e non costruisce la civiltà.