Astronauta per finta
E nell’augurarvi una splendida giornata, mi ri-presento: sono Saso e da grande volevo fare l’astronauta. Poi sono diventato grande davvero e ho scoperto che gli astronauti al massimo potevano arrivare sulla luna, e nemmeno spesso, e che quindi se volevo andare su pianeti lontani a chiacchierare con specie aliene e diversissime da noi dovevo cambiare sogno e quindi mestiere. Ecco perché ho preso la penna e non l’ho posata più, per scrivere fantascienza. TUTTAVIA, la vita è fatta di progetti fatti e disfatti, di pietre che ti rotolano addosso guastandoti i piani e la fisionomia, tant’è che a volte mi guardo allo specchio e mi chiedo: ma sono sempre io? O io è un altro?
Per esempio, ho appena pubblicato “Amore caro e altri racconti”, che parla di uomini e donne, persone sole o male accompagnate, della Salaria e di una campagna non precisata del sud Italia, di astronavi ma anche di casette sgarrupate nella foresta, parla di viaggi lunghissimi nello spazio ma anche cortissimi e non per questo meno avvincenti dentro la psiche umana. È un libro che se lo leggete e mi fate sapere che ne pensate mi fa già un gran piacere.
Però c’è quest’altro libro, a cui nel bene e nel male sono affezionato, che è stato scritto da una di quelle persone che non vedo più da tempo nello specchio, un Saso meno serio, assai più faceto, sicuramente ingenuo e disattento rispetto a cose come la forma, lo stile, la sostanza, la struttura, l’eleganza. È un libro che ha venduto già molto nella sua prima edizione, un file word formattato male stampato peggio, ma dalla copertina e dal titolo particolarmente felici. È un libro che è appena uscito nella sua nona edizione, con una copertina secondo me più carina, lo stesso titolo, o quasi, e un bel lavoro di pota e innesto che, non dico che ho cambiato i connotati anche a lui, ma poco ci manca (mi sono tenuto persino certi refusi e alcune trovate discutibili, perché non volevo renderlo proprio irriconoscibile: sarebbe stato come andare a rifarmi il naso uguale a quello di Tom Cruise, dai, non si fa: siamo anche i nostri nasi storti, i nostri difetti).
“Come sopravvivere ai Calabresi” parla di me, della mia coinquilina – zia Maria -, dei miei amici e della mia famiglia, e di cento piccoli momenti di assurda e tragicomica quotidianità. Il 90% delle cose narrate è vero e reale quanto lo specchio in cui si sono avvicendate negli anni tutte le mie facce. La carta su cui è stampato taglia e ferisce, ma le cose scritte sopra, dicono, fanno ridere e ti aiutano a scacciare temporaneamente la malinconia.
Di Amore Caro vi ho dato un assaggio qualche tempo fa (lo trovate ancora sul mio sito, il racconto che dà il nome alla raccolta), di questo potete scaricare l’estratto gratuito da Amazon o approfittare delle offerte che proprio in questi giorni hanno abbattuto il prezzo di tutti i miei libri (in ebook costano due euro o giù di lì, anche se, secondo me, la versione cartacea è più bella: ma io sono di parte, quale padre preferirebbe la foto di suo figlio alle sue manine tozze, gli occhietti lucidi, il pancino profumato…). Siamo anche su Kindle Unlimited e so che alcuni di voi lo hanno già letto così, a nolo.
Sono arrivate delle nuove recensioni, in questi giorni, e adesso sono più di 50, cosa che per gli algoritmi di Amazon vuol dire tanto. Insomma, non so se si è capito, ma sto provando a vendervelo. Questo o l’altro, a seconda di come vi sentite: innamorati e malinconici, entusiasti e tragicomici, voi stessi o altri da voi. Se decidete di comprarci – a me e ai miei libri – spero di leggere presto cosa ne pensate, tra le recensioni di Amazon, qui nei commenti o in entrambi i posti.
Vi auguro ogni cosa stupenda,
S.