lost in portogallo

The terminal – Quel giorno che dovevo tornare a Lamezia da Treviso e sono finito in Portogallo.

Praticamente qualche mese fa sono andato a Treviso per una visita medica e ho preso un biglietto Andata e Ritorno da Lamezia Terme a prezzi da bagarino. All’andata il maltempo ci ha fatto girare in tondo sulla città per un’ora prima che il capitano, bevuta una RedBull, decidesse di tentare la sorte e atterrare tra rombi di tuono e lampi di luce. Siamo scesi senza un graffio, Ryanair ha squillato le trombe e noi ci siamo spellate le mani (qualcuno chiedendo il bis) per complimentarci con il conducente.
Al ritorno, invece, le cose sono andate molto peggio.
L’arrivo era previsto a Lamezia per l’ora di pranzo; il viaggio, come all’andata, dove a durare circa due ore. Io salgo, mi siedo al mio felicissimo posto 15D, accanto al finestrino, e dopo che una hostess dalle gambe lunghe e il sorriso smagliante mi ha spiegato cosa devo fare in caso di emergenza, visto che sono seduto in uno dei 4 posti vicino all’uscita di sicurezza, e cioè afferrare maniglie, tirare maniglie, gonfiare palloncini, pregare e altre cose così, insomma dopo che ammetto con la mia vicina di posto che non ho capito un cazzo perché quella parlava in un inglese affettato e io lo mastico già poco di mio figuriamoci se tu me lo parli male, prendo la Switch e comincio a giocare a Zelda.
Quando l’aereo tocca il suolo, con un atterraggio stavolta tanto perfetto che non gli abbiamo fatto manco l’inchino, ai piloti, guardo l’orologio e dico ad alta voce “Ammazza che ritardo, ma ché è successo?”. La vicina guarda il display del suo cellulare e dice: “Va be’, un po’ di ritardo ci sta”.
Un po’? Erano più di tre quarti d’ora!
Prendo il cellulare e faccio per chiamare la mia fidanzata che, dall’aeroporto di Lamezia, mi sta aspettando sotto il sole cocente di agosto da chissà quanto tempo. Ma il telefono… non ha rete.
Spengo e riavvio (pensando si sia inceppata la modalità aereo) e intanto recupero lo zainetto dalla cappelliera e scendo. Appena fuori mi investe un vento freddissimo che mi fa pensare alle ultime parole dette dalla mia fidanzata e confermate da una telefonata successiva a mia madre prima di partire: “Qua si muore di caldo!”.
Minchia, se questo è caldo…!
Tiro fuori dallo zainetto la giacca a vento impermeabile comprata a Treviso e intanto ricontrollo il cellulare: “Roaming disattivato: attivare?”.
In che senso?
Per ora dico di no e mentre mi avvio verso il terminal chiamo con il telefono normale, cosa che non facevo da quando andavo al liceo. Faccio per dire: “Pronto amore?…” che la sua voce subito mi investe violentissima: “Ma dove cazzo sei?!”.
“Eh? Amo’, abbiamo fatto ritardo, non so se…”.
“Sono tre ore che ti aspetto, sudando e morendo di fame. Muoviti! Dove sei?”
Mi guardo intorno e dico: “Mmm. Gate 22”.
“Ma che dici?”.
“In che senso?”.
“A Lamezia non arrivano manco a dieci, i gate”.
Mi guardo intorno mentre cammino: Gates 24-28, Gates 29-36, Gates 44…
Ok 44 Gates in Calabria non ce li abbiamo manco se sommiamo tutti gli aeroporti della regione. Dico “Aspetta!” e mentre le mie orecchie si stappano lentamente facendomi sentire per la prima volta che intorno a me stanno parlando lingue diverse dalla mia e gli occhi notano qualcosa di strano nella struttura che sto attraversando (tipo che ci sono un primo e un secondo piano oltre al piano terra, cosa che a Lamezia non avevo mai… ehm… notato…), accedo alla sezione del roaming dati, lo attivo e poi vado su Google Maps.
Il pallino blu, che era rimasto fermo sulla città di Treviso dalla partenza, comincia a salire su su velocemente passando per tutto il Nord-Italia, la Svizzera, la Francia, la Spagna, il Portogallo… Dico: “Ti prego fermati!”.
E si ferma.
“Tesoro”.
“Ti muovi?”.
“È successa una cosa”.
“Ti hanno perso il bagaglio?”.
“Ehm, no, mi sono perso io”.
“In che senso?”
“Sono a Porto, in Portogallo”.
“MA CHE CAZZO DICI, MUOVITI A USCIRE CHE LA FAME MI STA UCCIDENDO! SE NO ENTRO IO E TI MANGIO CRUDO!”
“Calmati, rimettiti in auto e torna a casa – 70 km di tragitto, n.d.S. – Io vedo di capire come fare a tornare”.
“Saso, se è un altro scherzo dei tuoi giuro che ti…”.
“Torna a casa. Ti amo. A presto. Spero. Se no sappi che ti amo. Ok? Addio”.
Insomma passo per l’infopoint, per il box informazioni di Ryanair, per l’ufficio bagagli smarriti, ecc. ecc. Non vi tedio oltre, se vi va c’è un link in fondo alla pagina che ne parla meglio.
Vi racconto solo queste due altre cose.
Nel frattempo mi chiama mio padre: “Toto ma dove sei? Non venite a mangiare?!”.
“Sono in Portogallo, pa’”.
Silenzio. “E quindi che fate, mangiate lì?”.
Mia mamma, dietro la sua spalla: “Che gli è successo, perché non vengono?”.
Mio papà: “Boh, dice che non mangia qua”.
Mia mamma: “Mah! Cucinai pe nenti, come al solito*”.
“Vi voglio bene, papà”.
“Sì, però non mangiare porcherie. Se no poi ti fa male la pancia”.
“No no, tranquillo”.
Sono tornato in Calabria due giorni dopo.

* Ho cucinato inutilmente, come sempre.

Ps: per la ricostruzione completa di questa incredibile avventura, seguite il link.

Salvatore “Saso” Tigani è un giornalista, scrittore e autore umoristico. È diventato famoso con Come sopravvivere ai Calabresi, ma ha scritto anche cose belle. Alcuni suoi racconti hanno vinto importanti premi letterari e compaiono in raccolte e antologie nazionali. Però è astemio.