Come sopravvivere ai Calabresi,  Dal Diario di Saso,  giornalismo,  lost in portogallo

LOST IN PORTOGALLO EP. 5 – IL GIOCO SI FA DURO

«Purtroppo, non posso darle il numero di posto. Leiè in lista di attesa e quindi dobbiamo aspettare la chiusura del check-in, anche di quello on line». Cerco le parole: «Non ho capito». «Il suo biglietto è… per caso è un dipendente? Un collega?». «No, mi hanno smarrito come un bagaglio: dovevo andare a Lamezia e mi sono ritrovato in Portogallo». Lei ride. «Che storia è questa: non ho il posto?». In pochissime parole, mi spiega che il volo per Lamezia è pieno e prenotato addirittura per il 10% di posti in più. C’è quindi una lista di persone senza posto e io sono lì in mezzo. «Non credo alle mie orecchie. Volete farmi perdere un altro volo?». «Va beh, in quel caso, partirebbe con quello successivo, magari l’indomani, ma sempre a spese nostre». Il gioco si è appena fatto duro.

Ricapitolando: sono partito da Treviso per andare a Lamezia e mi sono ritrovato invece a Porto, in Portogallo. Dopo avermi fatto aspettare dodici ore, gli amici della Ryanair portoghese mi hanno porto le loro scuse, dicendosi mortificati, dei voucher per mangiare e bere, un biglietto di ritorno in Italia e un gettone per dormire in uno dei migliori hotel di Bergamo. Arrivato a Bergamo ho recuperato un secondo biglietto, per Lamezia, e le indicazioni per andare a dormire e per ritornare in aeroporto l’indomani mattina, presto, in vista di una lunga fila prevista all’imbarco: sarebbe stata una domenica da bollino nero, per i flussi turistici. Fatto tutto secondo istruzioni, però, mi ritrovo davanti all’addetta della Ryanair italiana che, con modi alternatamente gentili e irritati, mi comunica che non ho una prenotazione MA sono in lista d’attesa, e comunque un giorno o l’altro (un volo o l’altro) in qualche modo mi faranno tornare a casa; che c’è un overbooking del 10 percento MA che se sono fortunato qualcuno non partirà e il posto del rinunciatario potrebbe andare sicuramente a me; che, ho ragione, sono smarrito per aeroporti da due giorni, MA non è colpa loro: «se la prenda con l’aeroporto di Treviso».

C’è una importante differenza tra quello che ho vissuto in Portogallo e quello che sto vivendo in Italia, almeno nella mia recente esperienza: in Portogallo si fa squadra, ci si assume tutte le responsabilità, si rimedia subito all’errore (chiunque l’abbia commesso) e con le più sentite scuse della direzione (mi è stata data anche una lettera di scuse con dei recapiti per richiedere eventuali altri rimborsi e/o risarcimenti) e ci si premura che il soggiorno della vittima del disagio sia il più possibile, stavolta, comodo (4 voucher per mangiare e bere! Di quattro euro ciascuno, ok, però non è che sono chissà quale goloso mangione…); in Italia, invece, non è colpa nostra ma dei colleghi, che vuole che le dica, chiami pure il suo avvocato e, dai, che se tutto va bene qualcuno rinuncia e parte lei.

Faccio notare che ho un problema di salute, che ero a Treviso per una visita medica e sono due giorni che mangio del cibo che mi è stato vietato dai medici perché costretto a nutrirmi nei bar e caffè degli aeroporti (ho con me referti e documentazione, che faccio vedere prontamente). L’addetta chiama il suo responsabile che, al telefono, le ribadisce il concetto: «È perfettamente legale fare Overbooking fino al 10 percento, la legge ce lo consente». Preso dalla rabbia, finalmente dopo due giorni, dico che magari, sì, è vero, ma che forse non è “perfettamente legale” importare “clandestinamente” un passeggero oltre i confini nazionali, facendolo per di più sbarcare in un paese con norme anti-Covid così restrittive. Infatti, per entrare in Portogallo, non basta avere il Green-Pass (che pure ho, ma nessuno, a Treviso come a Porto, mi ha mai controllato), ma bisogna anche essere registrati on line attraverso lo European Digital Passenger Locator Form e aver fatto il tampone nelle 48 ore prima della partenza (non ho fatto nessuna delle due cose). La signorina riferisce al suo superiore, poi mi spiega: «Ha ribadito il concetto: se la prenda con l’aeroporto di Treviso o, se proprio vuole, parli con l’avvocato».

Però fanno dei cornetti al pistacchio meravigliosi. Li ho pagati tutti il giorno dopo (benedetto lattosio), però… meravigliosi!

Alla fine, ho parlato con l’avvocato. Contemporaneamente, il collega del Quotidiano del Sud Giuseppe Campisi chiamava l’aeroporto per chiedere informazioni sull’accaduto: com’era stato possibile imbarcare qualcuno su un volo sbagliato e, soprattutto, trasferirlo in Portogallo senza i documenti richiesti? Cosa si può dire a proposito dei controlli internazionali anti-Covid alla luce di questo «incidente»? Sia Campisi che il mio avvocato hanno dovuto contattare la polizia di dogana per trovare il numero di Ryanair di Bergamo: attraverso il sito è stato impossibile qualsiasi tipo di contatto e gli impiegati con cui ho potuto parlare personalmente non sono stati in grado di darmi alcun recapito. Persino il centralino, un numero a pagamento, non funzionava di domenica. Entrambi, comunque, hanno ricevuto la stessa risposta: «Stiamo cercando in tutti i modi di risolvere un problema che non abbiamo causato noi».

Non so se è bastato il sollecito del mio avvocato o se, semplicemente, alla fine qualcuno (più di qualcuno) non è partito e quindi si è liberato un posto per me, ma all’ultimo minuto, le dieci in punto, mi hanno fatto imbarcare, tenendomi con il fiato sospeso fino a quel momento. Il viaggio è terminato a Lamezia, meno di due ore dopo, quando ho sceso gli ultimi gradini della scaletta mettendo il piede su una pista bollente e chiedendo a un tizio con il giubbotto catarifrangente: «Siamo in Calabria, vero?». Mi ha risposto in dialetto, apposto.

Aeroporto di Lamezia terme: in effetti, a quello di Porto, “nun je somija pe gniente”.

Post-scriptum: a Lamezia scopro una cosa, per la serie «le coincidenze non vengono mai da sole». Il mio amico Domenico De Angelis mi chiama per altri motivi e sentendo che sono appena arrivato da Bergamo mi chiede con che volo ho viaggiato. Spiego che ho preso quello delle dieci e mezza. Lui rimane in silenzio per qualche istante, poi dice: «Com’è possibile, quel volo è stato cancellato!». Per un attimo temo il peggio: il tizio allo sbarco mi ha mentito? Sono in una dimensione parallela? Ho sbagliato di nuovo volo? Oppure ho preso un aereo fantasma?! «I miei suoceri dovevano prendere quell’aereo ma ci hanno chiamato da Ryanair per dirci che il volo era stato cancellato e li ho dovuti accompagnare a Linate, da cui hanno preso un volo delle 12». Elaboro queste informazioni e mi rendo conto che la soluzione a questo ennesimo mistero potrebbe in verità originare nuove domande a cui sono troppo stanco per avere voglia di rispondere. Faccio lo gnorri, gli prometto che di lì a qualche giorno ci saremmo visti, e me ne torno a casa con mio padre.

Post-scriptum 2: prendendo l’autostrada, per poco mio padre non si infila in direzione Salerno, invece che dirigere verso Reggio Calabria e quindi Cinquefrondi. «Papà, ma che fai?». «Niente, ti volevo fare un altro scherzo». Fine pena mai.

(recupera tutte le puntate qui).

Salvatore “Saso” Tigani è un giornalista, scrittore e autore umoristico. È diventato famoso con Come sopravvivere ai Calabresi, ma ha scritto anche cose belle. Alcuni suoi racconti hanno vinto importanti premi letterari e compaiono in raccolte e antologie nazionali. Però è astemio.