BIOETICA

Bioeticando” di Domenico De Angelis, ep. 9 – La teologia ha qualcosa da dire alla bioetica…

 

Premessa: la bioetica nasce da casi concreti. Da speranze che diventano minacce, abusi che non permettono giustificazione. Partiamo da una constatazione essenziale: è innegabile che la tecnica, molte volte, ha migliorato la nostra esistenza, anche se a volte il suo impiego è avvenuto contro l’uomo e l’ambiente. La tecnologia non è più un semplice mezzo da utilizzare, ma un ambiente nel quale abitiamo e che condiziona molte scelte. L’utilizzo della tecnica in ambito medico, in particolare, solleva degli interrogativi etici precisi. La necessità di risposte a casi concreti obbliga a trovare le fondamenta di un pensiero forte. A chi rivolgersi in caso di dubbi? Inizialmente e “naturalmente” sono stati i moralisti, che hanno contribuito a dare risposte agli interrogativi della bioetica. Salvando l’intenzione diciamo che l’approccio non è stato dei migliori. Se la sostanza resta comunque valida la forma iniziale è stata almeno “discutibile”. Mossi da zelo resero un servizio a metà tra la pretesa e l’imposizione dogmatica, autoproclamandosi “bioeticisti”, presentando la bioetica come una nuova morale. A tal proposito, è bene precisare che la bioetica non è una nuova morale! La bioetica ha uno statuto epistemologico proprio. Mentre l’impianto epistemologico della morale è diverso. La bioetica è uno studio sistematico, e dev’essere condotto come tale. Esige innanzitutto una predisposizione basilare d’interesse e volontà, affinché il vero bene dell’uomo possa emergere ed essere raggiunto. Per farlo è utile ascoltare, leggere e seguire quanti hanno iniziato questo studio, divenuto “percorso di ricerca”, e l’hanno fatto in prima persona. Quanti hanno avanzato proposte capaci di riflettere e scoprire la bellezza della vita e della ricerca. Ma anche, e soprattutto, quanti vi hanno dedicato una consistente parte della propria vita, diremmo: “una vita spesa per la vita”. Si annoverano eccellenti autori, ma anche valide Istituzioni come Università ed Associazioni, Fondazioni e Comitati. Un posto privilegiato, in questo scenario, lo merita indubbiamente il Magistero della Chiesa cattolica. Che ha aperto il dibattito bioetico proponendo un’antropologia integrale. Chiave di lettura essenziale, affinché i suoi documenti possano essere correttamente interpretati. Tutto ciò perché il cristiano, quando si trova innanzi al male e al degrado, non si accontenta di prenderne atto ma offre a tutti un valido strumento di ricerca, in questo contesto, proprio attraverso la bioetica. Si allontana così, di fatto, dall’impostazione odierna di alcuni ambienti che, rispondono al male e al degrado chiedendone la “legalizzazione” al fine di contenere le manifestazioni più perverse e deleterie (come se il male si fermasse approvandolo e sopportandone gli effetti). Affrontare bioeticamente una problematica della vita significa conoscerne i presupposti filosofici che reggono il pensiero, così come quelli scientifici o clinici nel caso particolare. Allo stesso modo, non può essere ignorata una parola “rivelata” che illumina la realtà dell’uomo come persona da rispettare e mai come mezzo da usare. Le istanze di fede sono sostanzialmente razionali e scientificamente fondate. La fede presuppone la ragione e la completa, senza pregiudicarne l’autonomia. In questo modo, la norma morale conosciuta dalla ragione, verrebbe soltanto confermata dalla fede. La prospettiva di un teologo è essenziale nella bioetica. Per cui, è bene ribadirlo, un teologo che ha anche approfondito la bioetica ha il diritto e – oserei – anche il dovere di pronunciarsi, a pieno titolo, in campo bioetico. E lo può fare evitando di filtrare il linguaggio attraverso parole laicamente accettate. Fede e ragione sono essenziali per la comprensione del giusto modo d’agire nelle situazioni particolari che interessano la vita. La condizione, ribadiamolo, è l’aver approfondito tematiche di bioetica per usare un linguaggio adeguato al contesto, mostrando la verità anche attraverso “dati di fatto”. Anche perché – diciamocelo – ci troviamo in mezzo a due interpretazioni culturali, del vivere e del morire, che generano altrettanti comportamenti, taluni favorevoli alla promozione della vita, altri ostili alla stessa, fino a negarla dal principio. In tale contesto dev’essere chiaro a chi parla, scrive e ascolta che la verità non può essere cercata solo nelle vette dell’intelligenza ma si trova anche, e soprattutto, nelle profondità della coscienza (quella retta) qualora l’uomo sappia ancora ascoltare parole di vita vera. Da chi udire altrimenti tali parole se non da chi, la propria vita, la offre e la spende per la vita? Ecco perché ascoltare chi tiene in considerazione “le cose di lassù”. E su questo argomento mettiamoci una croce sopra.

 

Domenico De Angelis è un appassionato della vita e la presentazione potrebbe finire qui. Perché la bioetica? Vediamo… ha cominciato il percorso di studi in Economia conseguendo prima la Laurea Triennale in Scienze Economiche (presso l’Università Mediterranea di Reggio Calabria), poi la Laurea Magistrale in Economia e Diritto (presso l’Università degli Studi di Messina). Successivamente, per rispondere ad alcuni interrogativi etici ha scelto di intraprendere un percorso più umanistico conseguendo la Licenza in Bioetica (presso l’Università Pontificia Regina Apostolorum di Roma). Attualmente è impegnato a divulgare questo studio attraverso articoli, interventi radiofonici e incontri organizzati in diversi contesti. La sua “mission impossible” è cercare di capire Nadia, la sua amazing fidanzata. Non riuscendoci ha scelto di amarla senza sé e senza ma. Il resto lo scoprirete lungo il cammino se lo incontrerete… per ora buona lettura. Ps. Non cercatelo sui social, non vuole esserci… per ora.